I'm not a fashion designer... I'm a storyteller with clothes
Crudelia è un film che ci racconta il cambiamento, partendo dai sogni di una bambina vivace, Estella, e dal suo modo incantevole e meravigliato di guardare il mondo, dalla sua fuga verso l’ignoto in compagnia soltanto di un cane, fino a trasformarsi in un’abile borseggiatrice nel clima punk rock londinese degli anni ’70. Tuttavia il suo sogno più grande è quello di diventare una stilista e, superate varie vicissitudini, finirà finalmente per occuparsi di moda nell’atelier della Baronessa, l’antagonista della storia: una donna famosa e senza scrupoli, abile manipolatrice.
These boots are made for walkin', and that's just what they'll do, one of these days these boots are gonna walk all over you. Bastano poche parole del testo della canzone di emancipazione combattente di Nancy Sinatra, (uno dei brani utilizzati per la fantastica colonna sonora, insieme a Five to One dei Doors, ai Clash, Nina Simone, Black Sabbath e Rolling Stone), per farci comprendere come l’ingresso nel mondo di Estella non sarà di certo in punta di piedi, ma una bomba contestualizzata dentro un’epoca e una città in fermento. Sarà eclatante e indimenticabile, un’esplosione tanto grande da riuscire a ridimensionare un’icona, prima di distruggerla definitivamente. Scoperto il coinvolgimento della Baronessa nella morte della madre, Estella imbocca la strada per diventare Crudelia e, superate le cinque fasi del lutto (diniego, rabbia, negoziazione, depressione e accettazione), subentra una nuova fase: la vendetta.
Naturalmente Crudelia è rappresentata come un’antieroina dalla fedina morale ripulita, e dunque arginata nei toni consentiti e considerati appropriati dalla Disney alle sensibilità delicatissime del periodo storico attuale (è impossibile pensare che Crudelia possa mettersi a scuoiare dei cani per farne delle pellicce); e il modello di riferimento professionale, il mito irraggiungibile, viene trasformato in obiettivo da centrare a qualunque costo.
I always say, in case people get the wrong impression, I'm not a fashion designer; I'm a storyteller with clothes dice la costumista Jenny Beavan, due oscar (per Room With a View e Mad Max: Fury Road) su dieci nomination, ed una conoscenza diretta di un periodo attraversato da tanta frenesia, soprattutto nella musica e nel costume. Ero in giro negli anni '70, quindi ricordo molti dei sentimenti e degli sguardi, aggiunge, e quella familiarità è materiale prezioso per raccontare una sfida giocata soprattutto sugli abiti indossati dalle protagoniste Emma Stone ed Emma Thompson (47 i cambi di costume per Crudelia e 33 per la Baronessa) e fotografare il passaggio di testimone, la fine e l’inizio di un’evoluzione. La moda diventa un’arma. Per la Stone c’è bisogno di uno sdoppiamento, di una polarizzazione a perfetta somiglianza del bianco e nero dei capelli, inizialmente camuffati di rosso, uno stile in continua mutazione e influenzato da nomi leggendari Vivienne Westwood, Alexander McQueen e John Galliano o un look più spontaneo, l’estetica punk della cantante tedesca Nina Hager per Estella. Mentre l’effetto antitetico con la Baronessa passa da tutti i grandi stilisti degli anni 50/60, uno stile asimmetrico, molto aderente e molto snob, ispirato soprattutto a Dior scolpito da una gamma di colori che oscilla dal marrone all’oro.
Sorretto da una sceneggiatura al solito inattaccabile, marchio di fabbrica dell’azienda, Crudelia raccoglie l’eredità storica del personaggio, strutturata soprattutto dalla La carica dei 101 (1961) e La carica dei 101 - Questa volta la magia è vera (1996), attraverso lo svuotamento e la costruzione di un’iconografia ideale, per piantare le radici nel contemporaneo, e sposare, in maniera non certo disinteressata, battaglie culturali sacrosante, come quella relativa ai diritti delle donne, con un adattamento realizzato al costo di una mezza rivoluzione, in cui l’avidità e la malvagità diventano comprimarie della storia.
di Antonio D'Onofrio