“Le donne hanno una mente, hanno un’anima e non soltanto un cuore. Hanno ambizioni, hanno talenti e non soltanto la bellezza. Sono così stanca di sentir dire che l’amore è l’unica cosa per cui è fatta una donna. Sono così stanca di questo”
Ecco le parole di Jo March, interpretata dall’attrice Saoirse Ronan, nel nuovo e toccante film Piccole Donne della regista americana Greta Gerwig, all’indomani dell’era del me too.
Le piccole donne del meraviglioso romanzo di Louisa May Alcott sono sempre loro, le sorelle March: Meg, Jo, Beth, Amy. Cambiano i volti, non più Katharine Hepburn, non più Elizabeth Taylor o Winona Ryder o Kirsten Dunst… cambiano i volti sì… ma le protagoniste del romanzo sono sempre le stesse, caratterizzate alla perfezione dalla Gerwig, ognuna con le proprie peculiarità: Jo, l’instancabile scrittrice, la sua enorme passione brucia come le candele che la accompagnano tutta la notte mentre la sua penna si riversa fulminea sulle pagine bianche; Meg e la sua passione per i vestiti e per il lusso; la piccola pittrice Amy che appare sempre due passi dietro a Jo; e Beth, la più quieta di tutte, che con la sua musica scioglie i cuori e eleva le anime.
Il film, arrivato dopo numerosissime trasposizioni cinematografiche e televisive del noto romanzo americano del 1868, modernizza totalmente i personaggi avendo, al contempo, un enorme rispetto per le vicende e per la storia.
I fatti sono narrati in ordine non cronologico, bensì facendo avanti e dietro nel tempo e sono filtrati dallo sguardo della tenace Jo March, autrice della storia nella storia.
Il passato e il presente son ben distinti dalla regista: gli eventi legati al passato (e quindi all’adolescenza delle ragazze), seppur difficili, sono come filigranati d’oro… momenti rosei e vanigliati… così come sono i bei ricordi custoditi nelle nostre menti. Il presente invece è trattato con colori più rigidi e freddi, le ragazze sono ormai delle donne e devono affrontare la vita adulta e le problematiche da essa rappresentate. I due piani narrativi sono ben bilanciati e perfettamente gestiti nel film, le attrici sono incantevoli, riprese con delicatezza e dolcezza dalla regista.
Certo, la protagonista assoluta del film è appunto Jo, con la sua creatività, la sua tenacia, la sua immensa passione per la scrittura e per l’affermazione di sé nel mondo… e soprattutto con il suo amore incondizionato per le sorelle. “La vita è troppo breve per non amarsi tra sorelle” è la sua risposta ad Amy, quando quest’ultima
le confessa di aver spostato Laurie Laurence (ben interpretato da Timothée Chalamet) che Jo aveva capito di amare… troppo tardi.
Scenograficamente il lavoro sul film appare impeccabile. La casa dei March è stata costruita a Concord, in Massachussets, ed è stata arricchita con tutti i dettagli necessari a farla sembrare una casa abitata prevalentemente da donne. Gli ambienti sono caldi e accoglienti, e c’è una perfetta sintonia con i costumi delle protagoniste.
I costumi sono ad opera di Jacqueline Durran, già autrice dei costumi di Orgoglio e Pregiudizio e Espiazione, e vincitrice del premio Oscar per i costumi di Anna Karenina.
Per i vestiti di Meg (interpretata da Emma Watson), la Durran ha attinto ai disegni di William Morris e ha usato una tavolozza di colori verde e lavanda, per Amy (Florence Pugh) ha usato come riferimento la moda parigina di fine ’800, Beth (Eliza Scanlen) invece è vestita con abiti morbidi rosa e marroni. Per Jo il riferimento principale è stato un dipinto di Winslow Homer, Alta Marea.
La curiosità (che un occhio attento può notare nel film) è che Jo e Laurie si scambiano spesso i vestiti, anche se sono di sessi diversi. E il tutto avviene con una tale naturalezza che lo spettatore nemmeno se ne rende conto. Ecco quindi che, anche attraverso i costumi, la Gerwig sembra sottolinearci il concetto: una donna ha anche una mente, oltre ad un cuore… è in grado di inseguire e realizzare i propri sogni in maniera autonoma e, anche se dovrà lottare di più per far sentire la propria voce, tratterà sempre l’uomo come un suo pari, con cui scambiarsi anche i vestiti.
di Brunella De Cola